“Profondo rosso” Dario Argento
- Annamaria Niccoli
- 29 apr 2017
- Tempo di lettura: 3 min
(di Annamaria Niccoli)

Film che ha fatto la storia del cinema italiano. Un thriller psicologico basato sui ricordi infantili, con una trama semplice, chi si avvicina alla verità viene ucciso. Il film è ricco di particolari innovazioni tecniche, che ritroveremo successivamente migliorati in altri film dello stesso Argento. Il regista non entra nello specifico dell’argomento parapsicologia, sono però presenti alcuni elementi che creano quell’atmosfera negativa tanto particolare, da infondere a chi guarda l’imminente tragedia. A inizio film, una sensitiva, durante una sua seduta pubblica in teatro, “avverte” che fra il pubblico vi è una persona che le trasmette sensazioni molto negative, ovvero ha commesso un grave crimine e rimasto impunito. La para psicologa poche ore dopo verrà tragicamente uccisa a casa con colpi di mannaia. L’unico testimone casuale di questo omicidio è un pianista, Marc Daly. L’uomo non è mai riuscito a identificare l’assassino, comincia a indagare per conto suo, anche quando gli omicidi continuano, tanto da mettere a repentaglio la sua vita. Durante le sue investigazioni giunge dinanzi a una villa abbandonata; Essa custodisce tanti segreti che nessuno deve conoscere, tanto che l’elemento fondamentale verrà murato. Il pianista, con un vero colpo di scena del regista, scopre che l’assassino da lui è stato visto, solo nel finale si scopre la vera identità. Il film inizialmente avrebbe dovuto avere un altro titolo “La tigre dai denti a sciabola”, poi sul copione comparirà “Chipsiomega”. Quando verrà ultimato il film comparirà il titolo definitivo “Profondo rosso”, dovuto dal predominare nelle scenografie del colore rosso. Il nome che più risalta nel cast è Clara Calamai. Ella venne scelta dal regista perchè nel film si parlava di una anziana donna, una volta diva del cinema. Nella scena in cui il pianista si reca per la prima volta a casa dell’amico Carlo, la madre mostra orgogliosamente le sue foto. Quelle foto che vedrà lo spettatore sono in realtà le vere foto, del 1930-40, dell’ attrice Clara Calamai.

Altri attiri sono : Macha Meril (la sensitiva Helga), David Hemmings (il pianista), Gabriele Lavia, Glauco Mauri, Nicoletta Elmi (l’inquietante bambina) Daria Nicolodi (diventerà la moglie di Dario Argento). Le critiche del film sono contrastanti fra di loro: per i cinefili il film di Argento è considerato fra i miglior thriller più importanti del cinema italiano; per gli storici e critici del film questa pellicola non è affatto da lodare. Analizzando attentamente sia la sceneggiatura che l’intera opera, effettivamente il film esteticamente è molto bella, in particolar modo la fotografia. Il punto debole del film sono alcune scene, dai dialoghi deboli, fin troppo amorosi che cadono qualche volta nel ridicolo, certamente fuori luogo in base alla tipologia di questo tipo di film , che è un thriller, anzi horror; Gag comiche che rallentano il film. Dario Argento ci presenta una pellicola genialmente pauroso, che in alcune scene le musiche (dei Goblin) sottolineano la suspance, portando lo spettatore a trattenere spesso il fiato. Il sapiente uso della macchina da presa accostata alle tinte rosse della fotografia creano un clima di autentica paura. Nel film compare anche la “firma” di Carlo Rambaldi, con il pupazzo meccanico che compare prima della tragica e dolorosa morte di Giordani. Altre inquietanti immagini sono le bambole impiccate, biglie che rotolano, coltelli, mani coperte da guanti che compaiono dal nulla (sono le mani del regista), solo occhi che sembra buchino lo schermo. E’ inquietante la canzoncina infantile che si ascolta pochi attimi prima di un assassinio. Scena famosa del film è quando Marcus (il pianista) percorre il corridoio dell’appartamento della sensitiva Helga, non si accorge che il quadro che ha di fronte non è un quadro, ma è l’immagine dell’assassina (pesantemente truccata) Clara Calamai.

Curiosità del film, anche se di produzione interamente italiana, venne registrato in inglese, esclusi i dialoghi della Calamai. Le registrazioni in esterni sono state fatte a: Roma, Torino e Perugia.
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