top of page

La spada del Samurai (1° parte) di Annamaria Niccoli e N.G.

  • Immagine del redattore: Annamaria Niccoli
    Annamaria Niccoli
  • 30 mag 2018
  • Tempo di lettura: 1 min

La spada del Samurai  (1° parte)                           di Annamaria Niccoli e N.G.Il Giappone tradizionale

La nascita della spada del Samurai risale a prima del X° secolo, quando l’elite dei guerrieri giapponesi era al servizio dei signori feudali, prendevano il nome di Samurai,  che vuol dire ”  “coloro che servono la nobiltà”. Essi erano uomini scelti tra l’aristocrazia; davano senso di appartenenza a un elite che certamente i migliori perché, così si è creata una leggenda. La spada o Katana è incredibilmente resistente tanto da dividere un corpo in due e altrettanto precisa da sezionare un capello. La Katana dà vita a una nuova tecnica di combattimento per molti, rappresenta la combinazione perfetta tra tecnica bellezza e precisione, ineguagliabile.  A Shimani, sud-ovest del Giappone si trovano i rarissimi minerali grezzi con cui si forgia un unico tipo di acciaio. Ogni singola spada Katana nasce in un crogiolo di fuoco in fondo a una fornace di ferro, la Tatara, ovvero il forno fusorio tradizionale. È l’ultimo rimasto in Giappone. I segreti di questo secolare strumento affascinano i moderni esperti in metallurgia. Il forno fusorio tradizionale giapponese è noto con il nome di Tatara misura 3 metri in lunghezza e 1 di larghezza e 1/2 in altezza ai lati presenta una fila di prese d’aria ugelli. Kiara Hakira è al mondo uno degli ultimi maestri a usare il Tatara tradizionale. E’ capace di rimanere sveglio per tre giorni e tre notti per seguire la fornace e lavorare quei materiali fino alla realizzazione della più tagliente delle spade.  Paragonata al normale minerale ferroso la sabbia ferrosa di questa zona di Shimani è incredibilmente pura e  contiene molte meno impurità come zolfo e fosforo che rendono friabile il ferro e l’acciaio. La magia ha inizio quando il carbonio del carbone si fonde con la sabbia ferrosa a formare un unico tipo di acciaio giapponesi chiamano questo acciaio grezzo Tamahagane. Nel  giro di un’ora la sabbia ferrosa si posa sul fondo che si chiama letto di fuoco guardando lo si vede chiaramente dal colore se è diventato no Tamahagane. In parte perché non si fonde mai completamente questo acciaio grezzo tra Thiene e proprietà fisiche e chimiche che sono essenziali alla spada Katana.  A livello atomico viene trattenuta una piccola quantità di carbonio abbastanza da conferire alla leggendaria spada la sua caratteristica di unicità.  Il carbonio aiuta ad assorbire i colpi avversari diminuendo la rigidità dell’impatto sia in attacco che in difesa ma una buona strada deve essere molto più flessibile. Successivamente si ricopre la Katana con un altro strato di acciaio puro con meno impurità come lo zolfo, che la farà diventare duttile alla limatura, tanto da rendere la  lama affilata come un rasoio;  questa combinazione unica di ferro e carbonio della spada Katana crea un’altra magia durezza e flessibilità e durezza.  Nelle mani di un esperto Samurai acquista poteri che superano persino le sue qualità tecniche.  In  Giappone la lavorazione della Katana è stata perfezionata nel corso dei secoli, anche se modificata di poco. La temperatura superiore ai 1000 gradi centigradi fonde l’acciaio dolce poi indurisce lo strato duro.  La spada si trasforma in una lama bimetallica.  E’ interessante notare che la lama porta con  se questo segreto di lavorazione dei metalli da 1000 anni.  Al termine del secondo giorno il forno ha già divorato circa due terzi di 26 tonnellate di carbonio e sabbia ferrosa posato sul fondo del forno.  Lentamente il ferro incandescente divora le pareti del forno sotto c’è un bagno profondo 3 metri basterebbe anche poca umidità proveniente dal suolo a rovinare il prezioso metallo si dovrebbe ricominciare tutto dal principio. Strati di cenere e carbonella si sollevano nel forno da terra e due canali di ventilazione costeggiano entrambi i lati a temperature superiori ai 1000 gradi ogni impurità cade sul fondo del forno lasciandosi dietro l’acciaio. E’ totalmente privo di qualsiasi ausilio della modernità  il maestro forgiaro tradizionale giapponese. Nel laboratorio, in un angolo della sala, è posta una piccola teca dedicata a una divinità che credono li protegge dal pericolo. Dopo aver alimentato il fuoco per 36 ore il Maestro forgiaro e i suoi allievi sono tutti esausti, la posta in gioco non è certo una lama d’acciaio questi uomini lavorano per tenere in vita una cultura basata sulla tradizione antichissima la mattina del quarto giorno  è venuto il momento di aprire il forno.  10 uomini hanno lavorato incessantemente per tre giorni e tre notti.

(continua)

Comentarios


© 2023 by JACK SMITH PHOTOGRAPHY.

 Proudly created with Wix.com

  • cinguettio
  • Youtube
  • Instagram
  • Facebook Icona sociale
  • w-flickr
bottom of page