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Chi era “L’ultimo Samurai”Saigo Takamori

  • Immagine del redattore: Annamaria Niccoli
    Annamaria Niccoli
  • 11 apr 2018
  • Tempo di lettura: 1 min

Storie vere: Chi era “L’ultimo Samurai” Saigo Takamori   (di Annamaria Niccoli)

Saigo Takamori nacque nel 1828 in Giappone, nel feudo di Satsuma a Kagoshima, durante lo shogunato di Ieyasu Tokugawa, da una famiglia di samurai. Siamo nel periodo in cui l’impero giapponese  seguiva una politica isolazionista. Tale scelta portò il paese del Sol Levante ad essere chiuso verso gli stati occidentali più influenti, dal 1635 fino alla fine del 1800, era la legge Sakoku. Questo provvedimento imperiale proibiva l’ingresso degli stranieri in Giappone, e l’espatrio dei giapponesi in altri stati. Verso la meta del 1800 il potere passa dalle mani dello Shogun a quella dei militari fedeli e dell’imperatore. Nel 1853 nel porto di Edo (Tokyo) vi fu la più grande spedizione degli americani in Giappone, guidati da Perry. L’anno successivo lo Shogun fu costretto a capitolare davanti allo strapotere militare americano, così in Giappone vi fu la restaurazione del potere imperiale della dinastia Meiji. Takamori decise di appoggiare la nuova politica di rinnovamento, opponendosi ai feudatari. L’imperatore vinse. Takamori divenne un uomo di potere, tanto da rischiare di far scoppiare una guerra tra Giappone e Corea. Il potere e le idee assunti da Samurai portarono l’imperatore a fare allontanare dalla corte Saigo perché ritenuto un traditore. Takamori abbandona tutte le cariche che ricopriva per ritirarsi a Kagoshima, ritornando nella sua città natale, fondando un’accademia militare per samurai; il suo intento era quello di mantenere la tradizione. Ad entrare a far parte dell’Accademia vi furono anche quei soldati a lui fedeli quando prestava servizio militare alla corte imperiale. Tutte le province intorno alla sua zona di residenza erano controllati dai suoi fedelissimi soldati, tanto da portarli alla ribellione contro lo stato imperiale. Il 24 settembre 1877 scoppiò la ribellione, prendendo il nome di “ribellione di Satsuma”. La rivolta durò pochi mesi.  L’esercito Imperiale, composto da 30000 uomini, fermò l’esercito dei ribelli, composto da 4000 uomini, nella battaglia di Shiroyama. È in questa battaglia che nasce la leggenda di Saigo Takamori, anche se la morte del samurai e avvolta nel mistero. Alcune voci riferiscono che Takamori era stato gravemente ferito in battaglia, e chiese ad un suo compagno di toglierli la vita; altre voci riferiscono che il samurai fu visto svenuto sul campo di battaglia, oramai moribondo, e come voleva la tradizione samurai, Takamori venne decapitato dai suoi soldati. Un’altra voce, la più accreditata, riferisce: ” Ad un comandante dell’esercito imperiale o dello Shogun era assolutamente vietato firmare una resa di battaglia. La sera del 23 settembre il comandante ribelle Saigo, che si era rifugiato in trincea insieme ai suoi più cari amici, dopo lunga battaglia, passarono insieme tutta la nottata. Bevvero insieme il sake,  per poi alle ore 3:00 del mattino essere nuovamente attaccati dalle truppe dei governativi. Alle ore 6:00 I ribelli rimasti in vita erano solo 40. Takamori, rimasto gravemente ferito, e quindi ben cosciente della sconfitta e della sua imminente morte, si allontana con il suo amico fedele Shinsuke Beppeu. Il comandante s’inginocchiò e Beppeu con un unico colpo di spada decapitava il suo amico comandante. La testa del grande Generale fu quindi presa e custodita dal suo fedele amico affinché non cadesse nelle mani del nemico e il suo onore rimanesse intatto. I soldati di Takamori, vista la morte del loro condottiero, decisero di andare contro l’esercito imperiale, coscienti che sarebbero andati incontro ad inevitabile morte, falciati dalle mitragliatrici comprate dagli occidentali. Il vero ultimo samurai viene ricordato tutt’ora come un uomo leale, e fu uno dei più famosi della storia del Giappone. Takamori può essere considerato anche come l’ultimo difensore delle tradizioni dell’ordine feudale e dei samurai. Dopo la ribellione di Saigo, 12 anni dopo, venne perdonato dall’imperatore Mutsuhito. Il nome di “traditore” venne per sempre cancellato, e il figlio di Saigo  venne elevato al rango di marchese. Dopo altri 10 anni il governo giapponese fece costruire una statua dedicata in onore, tutt’ora presente nel parco Uenu di Tokyo. (cinema)

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